Toscana a tutta birra! Ecco 5 birrifici artigianali da provare (secondo noi)

 

Che la Toscana sia la culla del buon mangiare e bere non ci sono dubbi! Ogni genere di buongustaio qui ha di che sbizzarrirsi tra una succulente fiorentina, un panino con la Finocchiona IGP o un lampredotto da accompagnare con un bicchiere di vino rosso o, ancora, un fumante coccio di cacciucco alla livornese. L’obiettivo di questo articolo è aggiungere un elemento in più a questa galleria di bontà, tornando a parlare di birra. Al pari di quanto fatto per il Piemonte e per le Marche, vi condurremo infatti attraverso alcuni tra i migliori birrifici artigianali toscani. E fidatevi se vi diciamo già che… ne berrete delle belle!

L’artigianalità che fa la differenza: i cinque birrifici toscani da non perdere 

Nella terra del Chianti, del Brunello di Montalcino e del Morellino di Scansano, che definiscono la Toscana come patria di vini importanti, c’è posto anche per la birra. Anzi, è il posto giusto dove bere della buona birra artigianale! E ve lo testimoniamo attraverso cinque realtà che portano l’arte brassicola a un alto livello, contando sulla genuinità di una terra che offre risorse eccellenti e sulla maestria e la dedizione di chi sposa il motto “poche ma buone”: nessuna ambizione verso i grandi volumi produttivi, ma rispetto dei tempi necessari a far maturare e affinare quel gusto capace di regalare bevute di rara qualità

Azienda Biologica ad Meata (Via S. Giovanni, 16 – Castel del Piano, GR)

Foto di Azienda Biologica ad Meata

Iniziamo dal fondo, ovvero dalla provincia di Grosseto. Ai piedi del Monte Amiata, troviamo l’Azienda Agricola adMeata. Il fondatore e ispiratore è Jean Claude Zacchini, fiero figlio di questa terra, che coltiva soprattutto olive, castagne e luppolo. Dalle prime produce un ottimo olio extravergine d’oliva – come il Seggiano DOP, segnalato nel 2021 tra i migliori oli d’Italia da Gambero Rosso – mentre castagne e luppolo hanno ispirato la produzione brassicola, avviata ereditando l’esperienza del Birrificio In Bocca al Luppolo. 

Le birre adMeata sono preparate a partire da oltre il 50% di materie prime coltivate in loco ed esprimono tutte un forte legame col territorio già a partire dai nomi. La Ciola, ad esempio, omaggia a modo suo i “cioli”, come sono chiamati nel dialetto locale gli abitanti del comune di Castel Del Piano. È da qui che provengono infatti le castagne, elemento fondamentale di una birra che si rifà allo stile blanche, reinterpretandolo però in chiave inedita. Al caratteristico colore giallo opalescente, con la schiuma ben definita e persistente e l’uso di spezie quali il coriandolo, fa da contraltare il sentore delle castagne sottoposte ad affumicatura. 

C’è poi la Capercia, che vanta di essere la prima birra prodotta con luppoli dell’Amiata. Una sapiente combinazione delle tre varietà Cascade, Nugget e Centennial porta al naso aromi floreali e di frutti esotici, mentre al palato sono le sensazioni erbacee a farla da padrona, portandoti letteralmente a spasso tra i campi di Arcidosso, dove si trova il luppoleto da cui tutto ha origine. La Ciacciaia è invece un’american IPA, prodotta sempre con luppoli autoctoni essiccati, combinati con malti e fiocchi d’avena a riequlibrare una bevuta in cui spiccano amaro e accenti resinosi e agrumati. 

Infine, la Lunaia: la castagna torna protagonista, ma in una veste “dark”. Stiamo infatti parlando di una birra in stile porter, di colore scuro, con una bella schiuma compatta e pannosa e soprattutto il corpo complesso e avvolgente determinato dalla combinazione di nove malti diversi. Ne risulta un arco sensoriale che spazia tra accenni di caffè, cacao, frutta secca e caramello, su cui si innesta una sfumatura torbata dovuta all’affumicatura delle castagne.

Birrificio La Stecciaia (Località Pereto –  Rapolano Terme, SI)

Foto di Birrificio La Stecciaia

Nato all’interno dell’azienda agricola Podere del Pereto, che dal 1997 coltiva cereali con metodo biologico, il Birrificio La Stecciaia vanta di essere la prima realtà italiana certificata bio nel settore brassicolo. “Si beve quel che si semina” è il motto che riassume al meglio la filosofia perseguita da Claudio D’Agnolo, titolare e mastro birraio. I campi della tenuta, immersi nella suggestiva cornice delle Crete Senesi, sono la fonte principale degli ingredienti alla base di tutte le birre della casa, col valore aggiunto del biologico, che vuol dire niente residui di fertilizzanti, né antiparassitari chimici di sintesi. Se filiera corta e materie prime genuine costituiscono un’ottimo punto di partenza, il resto lo fa l’abilità di Claudio nell’armonizzare tutto per creare birre equilibrate nel gusto, ma capaci di regalare bevute mai banali. Sono otto le referenze a catalogo:

Farzotta: al boccale si presenta con un intenso color oro sormontato da un bianco cappello di schiuma ben definito. Al naso e al palato si approccia con la carezza morbida del malto, arricchita in questo caso dall’aggiunta del farro dicocco coltivato in proprio. Ma in bocca evolve sorprendendo con un accenno di amaro, che rimane però sullo sfondo, quanto basta per regalare una sensazione di pulizia e freschezza. Il tutto “al prezzo” di 5,8 gradi alcolici;
Gentilrossa: rosso ramato, morbida schiuma e 7,2 gradi alcolici sono il biglietto da visita di questa birra ispirata alle dubbel d’abbazia. Generosamente maltata come da copione, il suo valore aggiunto è il grano tenero della varietà Gentil Rosso (da cui il nome). Al palato rilascia sensazioni di frutta matura e crosta di pane, con un vago retrogusto di liquirizia, per una bevuta corposa e avvolgente; 
Cocò: rispondente nell’aspetto allo stile blanche belga da cui trae ispirazione, con un colore giallo opalescente, una schiuma fine ma ben definita e una gradazione alcolica contenuta (4,8%), è impreziosita dall’infusione del farro monococco coltivato in azienda. Ne risultano profumi maltati e apprezzabili sentori di cereale, con la sferzata dovuta alle scorze di bergamotto e ai semi di coriandolo, che le donano quel carattere beverino accentuato da uno sprint speziato e da un finale leggermente aspro;
Rye IPA: aspetto dorato e una fine schiuma bianca per questa IPA caratterizzata da doppia luppolatura a freddo, che esalta gli aromi delle quattro varietà di luppolo impiegate: Chinook, Citra, Simcoe e Mosaic. L’amaro è in evidenza, ma bilanciato dal corretto uso dei malti e reso più intrigante dalla segale, che aggiunge un tocco speziato. Una bevuta scorrevole, da 6,5 gradi alcolici, medaglia di bronzo 2019 al concorso promosso da UnionBirrai;
Senatrice: a completare la proposta di birre che vantano l’uso dei grani coltivati e prodotti in loco c’è questa chiara dal colore dorato e dalla generosa schiuma, che si propone con un suggestivo bouquet aromatico in cui pepe e chiodi di garofano emergono su uno sfondo fruttato. Protagonista di questa cotta è il grano della pregiata varietà Senatore Cappelli, che definisce un arco gustativo complesso: i sentori di frutta e spezie di primo impatto lasciano spazio alla rimonta di accenti erbacei, con un finale secco e pulito, che invita al sorso successivo. Fresca e di facile beva, nonostante i 6,5 gradi alcolici, è segnalata come Birra Imperdibile dalla Guida alle Birre d’Italia 2023 a cura di Slow Food;
Emisfera: session IPA realizzata con luppolatura a freddo e senza glutine. Bassa gradazione alcolica (4,2%), corpo snello e una fine gasatura ne fanno apprezzare gli umori resinosi e agrumati, che si chiudono su un finale secco e dal retrogusto amaro Dissetante e sferzante, è compagna ideale nelle calde serate estive;
Ko-meta: fedele alla linea dettata dallo stile golden ale, si presenta con un colore giallo paglierino e una schiuma moderata ma compatta, che introduce a una bevuta in cui note fruttate e di cereale si prendono la scena per sfumare lievemente verso l’erbaceo sul finale, ripulendo il palato e preparandolo al sorso successivo. Gradazione alcolica contenuta (4,6%) e l’ottimo bilanciamento gustativo la rendono una birra a tutto campo, disponibile anche nella versione gluten free;
Impera: se le stout si caratterizzano per i sentori di caffè e torrefazione, qui si va oltre, osando con l’infusione di una miscela di caffè in chicchi (40% robusta e 60% arabica). Quello che potrebbe sembrare un azzardo è ottimamente ripagato da un avvincente color ebano sormontato da un pronunciato cappello di schiuma beige. Il gusto è intenso, carico di aromi torrefatti e importanti richiami di cioccolato e cacao che trasmettono calore (supportati dall’importante gradazione alcolica, 8,8%) e arricchiscono l’impronta maltata di una bevuta fuori categoria, capace di ridefinire uno stile.

Birrificio del Forte (Via della Breccia Violetta 5/A – Pietrasanta, LU)

Foto di Birrificio del Forte

Tappa in Versilia, e più precisamente a Pietrasanta, dove nel 2011 è nato il Birrificio del Forte. Ideatori e artefici del progetto sono Francesco Mancini e Carlo Franceschini, coppia di amici con una spiccata passione per il mondo birrario. In tempi in cui il movimento dei birrifici artigianali italiani stentava a conquistarsi credibilità, l’idea di puntare deciso sul creare birre che, a partire da una forte identità territoriale, sapessero imporsi e ritagliarsi uno spazio anche a livello nazionale e oltre poteva sembrare fin troppo ambizioso. E invece, con pazienza, dedizione e un costante lavoro di perfezionamento, il Birrificio del Forte ha saputo conquistare apprezzamenti e riconoscimenti che ne fanno oggi una delle più consolidate realtà di settore. Dopo l’uscita di Carlo, è rimasto Francesco a gestire l’attività, supportato da uno staff giovane e preparato, insieme al quale dare vita a birre non filtrate, non pastorizzate e rifermentate in bottiglia in un ambiente a temperatura controllata. Un processo di maturazione naturale, che consente di svilupparne al meglio tutte le caratteristiche sensoriali e soprattutto di ottenere un prodotto “vivo”, che evolve nel tempo.

Il catalogo, ampio e ben assortito, non può prescindere dalle sei referenze della linea Le Fondamentali:

Gassa d’amante: il nome è quello del “nodo base” della marineria e vuole rappresentare il legame con una birra che, una volta provata, non lasci più. Si tratta di una golden ale, classica bionda costruita su un perfetto equilibrio tra l’amabile del malto e l’amaro del luppolo, che scorre via facile e dissetante, contando anche su un basso tenore alcolico (4,5%). Due volte segnalata nella guida Slow Food (2013 e 2015), è prodotta anche nella versione senza glutine, premiata al World Gluten Free

Beer Award 2018;

Meridiano 0: ambrata dai riflessi ramati, porta al naso prima e in bocca poi un’armonia di malti inglesi, che richiamano sensazioni di caramello e frutta secca, con una nota amaricante nel finale. Bassa carbonazione e tenore alcolico contenuto (5%) ne fanno una birra intrigante e al contempo di facile beva. Anche in questo caso c’è la versione senza glutine, bronzo ai World Gluten Free Beer Award 2019; 
2 Cilindri: straordinaria interpretazione dello stile porter, si presenta col tipico colore scuro, sormontato da un cappello di schiuma pannoso e persistente. Al palato è corposa e vellutata, con tutta l’amabilità del malto a regalare sentori di caffé e cacao. Segnalata come Birra Imperdibile nella Guida Slow Food 2021, è stata premiata con l’oro all’European Beer Star 2017 e, nella versione senza glutine, per tre volte consecutive (dal 2019 al 2021) ai World Gluten Free Beer Award ;
La Mancina: d’ispirazione belga, è una chiara dai riflessi dorati che porta al naso accenni di frutta matura, promessa di un impatto morbido e tendente al dolce all’assaggio, che trova un sapiente bilanciamento sia nella leggera luppolatura, sia nella punta acidula della particolare varietà di lievito impiegata. Sorprendentemente beverina nonostante i suoi 7,5 gradi alcolici, è stata tre volte Grande Birra Slow Food (2015, 2017 e 2019), due volte oro di categoria al concorso Birra dell’Anno promosso da Unionbirrai e oro alla World Beer Cup 2018;
Regina del Mare: di colore bruno e con una schiuma ben definita, ha un corpo strutturato, che la rende avvolgente al palato, dove si rivela una sinfonia di frutta candita arricchita da sfumature speziate. Intensa, ma mai aggressiva a dispetto del sostenuto volume alcolico (8%), è stata due volte Grande Birra (2017 e 2019) e una volta Birra Imperdibile (2021) per la Guida Slow Food e oro all’European Beer Star 2016 nella categoria belgian dubbel;
Cento Volte Forte: creata nel 2014 per celebrare il centenario della costituzione del comune di Forte dei Marmi, è una blanche dal colore giallo opalescente, giocata su un riuscito connubio tra antiche varietà di frumento e note aromatiche e speziate di scorze di bergamotto, arancia amara e coriandolo. Delicata, fruttata e dal basso tenore alcolico (4%), ha conquistato l’argento al concorso Birra dell’anno 2019.

Tra le birre sempre presenti c’è anche la Thekla, una IPA caratterizzata dalla combinazione di tre varietà di luppolo: Citra, Mosaic e lo sperimentale HBC 586. Ci sono poi le stagionali, tra cui ad esempio la Cintura d’Orione, prodotta soprattutto nel periodo invernale e caratterizzata dalle carezze dolci del miele di cardo e dello zucchero candito, che danno calore e corpo a una bevuta complessa e appagante, coi suoi 10 gradi alcolici corroborante antidoto alle serate più fredde. Una linea a parte del catalogo, chiamata Le Radici, esplora invece le contaminazioni tra il mondo del vino e quello della birra. A partire da Il Tralcio, una IGA (Italian Grape Ale) da circa 12 gradi alcolici, prodotta con metodo classico, sottoposta cioè a sboccatura e successiva ricolmatura dopo la fase di riposo orizzontale, che combina al meglio acidità ed effervescenza. C’è poi la Birrasanta, affinata nelle botti in cui viene portato a maturazione il noto Vinsanto (vino passito della tradizione toscana), e la Stilla Bianca. Quest’ultima rappresenta un unicum per il suo essere punto d’incontro tra l’arte birraia e quella della distillazione. Nata dalla collaborazione con Nannoni Grappe, viene fatta invecchiare per dodici mesi in barrique di acacia con bassa tostatura, regalando un arco sensoriale molto complesso: evidenze di tabacco e frutta sotto spirito da cui emergono richiami di vaniglia e note balsamiche. Coi suoi 42 gradi alcolici può essere definita un’acquavite di birra da meditazione.

Birrificio Apuano (Via del Bargello 40 – Massa, MS)

Foto di Birrificio Apuano

Massa è una città che vive sulla sintesi di due elementi: il mar Tirreno da una parte e le Alpi Apuane dall’altra. Elementi che si ritrovano nel logo del Birrificio Apuano, fondato nel 2013 proprio nel centro di Massa. Anima e artefice di questa realtà è Marco Tazzini, mastro birraio capace di affinare la sua passione, iniziata con le prime produzioni casalinghe, in una vera e propria arte. In dieci anni di attività, infatti, il Birrificio Apuano ha saputo farsi conoscere nel panorama dei birrifici artigianali italiani, conquistando premi in vari concorsi internazionali e riconoscimenti come le segnalazioni in diverse edizioni della Guida alle Birre d’Italia di Slow Food. L’ingrediente base di tutte le birre è l’acqua che sgorga dalle sorgenti delle Alpi Apuane. Al resto ci pensano l’estro e la sapienza di Marco Tazzini, che sa spaziare tra reinterpretazioni degli stili birrari più noti ed esplorazione di nuovi orizzonti di gusto. Tutto questo si articola in un catalogo dove troviamo undici referenze fisse, suddivise in Linea Classica e Linea Moderna. Tra le classiche:

Alba: blanche delicata (4,5% di volume alcolico), caratterizzata dal colore giallo velato tipico di questo stile e dalla sottile speziatura di coriandolo e scorza d’arancia, che esalta la freschezza di una birra carezzevole. Toni floreali e una punta acidula ne completano il profilo aromatico;
Lupus: american pale ale dal colore ambrato e con note di agrumi e di frutta tropicale a prendersi la scena sia al naso, sia all’assaggio. Il malto è sapientemente dosato a mitigare l’amaro e a renderla una bevuta facile, coi suoi 5,5 gradi alcolici e una sensazione di pulizia e freschezza a ogni sorso; 
Grunt: colore ambrato scuro e generoso cappello di schiuma sono il biglietto da visita di questa strong ale da 6,5 gradi alcolici e dalla spiccata impronta maltata. Amabile, con sensazioni di crosta di pane e di castagna, e una sfumatura affumicata, è corposa e appagante. Segnalata come Birra Imperdibile da Slow Food nel 2021;
Buia: una signora stout, con tutti i crismi di questo stile: colore scuro intenso, schiuma pannosa e persistente e una bevuta che regala suggestioni di orzo torrefatto, caffè e liquirizia. Il perfetto equilibrio tra dolce e amaro e il basso tenore alcolico (4,5%) la rendono insieme intensa e scorrevole;
Brezza: colore giallo grano e fragranze floreali e fruttate sono la cifra stilistica di questa birra gluten free, leggera e beverina, con un tenore alcolico contenuto (5%), terza classificata ai World Gluten Free Beer Awards del 2022.

La Linea Moderna conta invece sei referenze, tra cui spiccano le senza glutine, tutte premiate alla manifestazione internazionale di settore World Gluten Free Beer Awards:

Glu Glu: definita italian lager, prodotta col metodo della bassa fermentazione, è caratterizzata da un colore giallo oro e dalla piacevolezza amabile del malto in primo piano, arrotondata sul finale da una leggera nota amaricante dei luppoli nobili europei utilizzati. Coi suoi 5,3 gradi alcolici, si segnala per la sua bevibilità, come il nome stesso suggerisce;
Pan Versato: calda e intensa, questa belgian strong ale da 6,8 gradi alcolici è una carezza di malto: amabile a tutto corpo, con sfumature speziate dovute al lievito Saison
Testa di Luppolo: siamo nel campo delle IPA, quindi col luppolo in evidenza, anche se sapientemente dosato in modo da non risultare invadente e sorprendere, anzi, con note di agrumi e frutta matura. Dorata e beverina (5,3% di alcool), è stata anche segnalata come Grande Birra Slow Food per il 2019.

A completare la proposta ci sono infine Le Speciali, tra cui in particolare la Border Wine, una IGA prodotta con l’aggiunta di mosto non bollito di uve Sangiovese, Merlot e Massaretta, Birra Slow 2021 per Slow Food e premiata allo European Beer Star 2020 come migliore Fruit Beer. Infine, la Ninkasi: qui la combinazione di mosto non cotto di uve Vermentino e lievito belga crea un complesso spettro di sfumature olfattive e aromatiche, con l’acidità minerale dell’uva e la calda impronta del malto a fondersi in un elegante finale fruttato.

Birrificio La Foresta (Via Don Giovanni Minzoni 24 – Prato, PO)

Foto di Birrificio La Foresta

Il Birrificio La Foresta è il coronamento di un percorso fatto di volontà e passione. Quello di Giulio Santanni, che a partire dalle prime produzioni casalinghe ha sviluppato la sua arte brassicola prima diplomandosi mastro birraio a Padova, nel 2014, poi arricchendo il suo bagaglio d’esperienza tra Belgio e Repubblica Ceca, due paesi in cui la birra è “pane quotidiano”. Queste sono le solide fondamenta su cui ha costruito una realtà che conta su un moderno spazio all’interno di un capannone alla periferia nord di Prato. Qui si organizzano periodicamente eventi di degustazione e di promozione e vendita di prodotti agricoli del territorio, ma soprattutto qui si producono le birre. Un lavoro che parte dalla ricerca delle migliori materie prime, su cui poi è il tocco di Giulio a fare la differenza, col “navigatore” sempre impostato su un’unica destinazione: la massima qualità. La produzione è ampia e ben assortita, tra referenze fisse e altre stagionali, come ad esempio:

Evergreen: blond ale fresca e dissetante, coi suoi 4,6 gradi alcolici e con un sapiente uso del frumento – sia maltato, sia in fiocchi – a infondere una delicata dolcezza floreale, rifinita sul finale dall’apporto amaricante dei luppoli nobili;
Nemus: oatmeal stout, bruna, con un volume alcolico contenuto (5,2%) e un generoso cappello di schiuma color nocciola a introdurre ogni sorso. L’insolita frizzantezza al primo impatto lascia spazio all’inesorabile rimonta del malto, su cui si innestano le sensazioni di caffè e cioccolato tipiche dello stile di riferimento, ammorbidite dall’oculata aggiunta del malto d’avena; 
Beesting: fine e seducente grazie all’uso di miele toscano, che le conferisce una dolcezza amabile, supportata da note floreali. Una bevuta appagante, che scorre via facile nonostante i suoi 7,5 gradi alcolici;
Zefir: birra stagionale, prodotta solo nel periodo primavera-estate, gioca su una riuscita combinazione di aromi, spezie e lievito. Semi di coriandolo, scorza d’arancia e fiori di sambuco sono i componenti chiave di un’orchestra che ammalia col suo profumato bouquet floreale e che risulta carezzevole e rinfrescante al palato. Molto beverina, a dispetto dei suoi 6,5 gradi alcolici ;
Rudolph: ispirata alle doppelbock tedesche, questa birra ha un cuore di malto: cinque diverse varietà vi si fondono per donarle corpo e calore, con in più un accenno di affumicatura. Colore ambrato scuro, cappello di schiuma compatto e persistente e 7,2% di volume alcolico, è una classica birra d’ispirazione natalizia. Il nome si rifà alla renna che col suo naso rosso illumina la via alla slitta di Babbo Natale.

Tra le birre più creative e sperimentali, meritano infine una citazione la Blue Moon e la Flamingo. La prima è prodotta con una generosa infusione di mirtilli della Valdarno, che le conferiscono un caratteristico colore rosato e un’intensa impronta fruttata tanto al naso quanto al palato. La Flamingo, invece, è una gose in cui spicca la speziatura dei semi di coriandolo e soprattutto la nota pungente dei cristalli di sale rosa dell’Himalaya, mentre l’ingente quantità di frumento usata per brassarla ne garantisce la scorrevolezza.

Parlarne è stato bello, ma sottoporli alla prova dell’assaggio lo sarà ancora di più: vi abbiamo convinto a intraprendere un viaggio di gusto tra i birrifici artigianali della Toscana?

Credits immagine in evidenza: Foto di Birrificio La Foresta

 

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